mercoledì 17 settembre 2008
UNIONE EUROPEA: ITALIA CAMBI NORMATIVA SULLA SICUREZZA
La Commissione Ue ha chiesto all'Italia di modificare alcuni parti della legislazione gia' in vigore sulla sicurezza. Tra queste, la norma che introduce l'aggravante della clandestinita' per gli immigrati che commettono un reato, che non e' conforme al diritto comunitario
Bruxelles, 17 set. (Apcom) - La Commissione europea ha chiesto al governo italiano di modificare il decreto legge che, lo scorso luglio, ha modificato l'art.61 del codice penale, aggiungendo la residenza illegale tra le circostanze aggravanti in caso di reato, senza alcuna distinzione tra extracomunitari e cittadini di altri paesi dell'Ue. Lo ha precisato, oggi a Bruxelles, il portavoce del commissario europeo alla Giustizia, libertà e sicurezza, Jacques Barrot. Secondo il portavoce, Michele Cercone, l'Italia dovrà "mettere in linea" questa legislazione con il diritto comunitario, che non consente differenze di trattamento fra cittadini Ue, da qualunque Stato membro provengano.
In sostanza, Barrot contesta il fatto che in Italia un cittadino di un altro Stato membro che commette un reato, se in situazione di residenza irregolare, non possa godere delle attenuanti generiche accessibili ai cittadini italiani, e che il suo reato sia considerato passibile di una pena più grave.
Il decreto sotto accusa, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 25 luglio scorso, è entrato in vigore il giorno successivo. Ieri, il Servizio giuridico del Parlamento europeo ha emesso un parere in cui lo considera incompatibile con il diritto Ue, e l'eurodeputata liberale romena Adina Valean ha chiesto immediatamente a Barrot di intervenire, deferendo l'Italia alla Corte di giustizia europea. Lo stesso Barrot aveva già espresso, e ha ripetuto ieri, le sue perplessità sul fatto di considerare la residenza illegale degli stranieri come una circostanza aggravante per chi compie un reato.
"Ci sono attualmente - ha detto Cercone rispondendo a un cronista durante la conferenza stampa odierna della Commissione europea - una serie di discussioni in corso con il governo italiani sull'insieme dei decreti che ci sono stati presentati il primo agosto. Ci sono tre decreti che non sono ancora entrati in vigore e per i quali siamo in contatto con le autorità italiane e su cui abbiamo chiaramente indicato quali sono secondo noi le modifiche che devono essere introdotte per essere sicuri che questi decreti siano in linea con il diritto comunitario".
A una nuova domanda che chiedeva una risposta più specifica sul decreto in questione, puntualizzando che è già entrato in vigore, il portavoce ha replicato: "Barrot vuole e considera suo dovere vegliare affinché le legislazioni degli Stati membri siano in applicazione delle direttive europee, e desidera avere un diritto chiaro, consolidato, compatibile con il diritto comunitario. Nel caso specifico - ha finalmente precisato Cercone - è chiaro che chiederemo e abbiamo già chiesto al governo italiano di introdurre le modifiche necessarie, e faremo tutto ciò che è in nostro potere e nelle nostre competenze per essere scuri che le leggi italiane restino in linea con il diritto Ue".
Oltre ai tre decreti non ancora in applicazione, ha aggiunto il portavoce, "ci sono anche delle modifiche che abbiamo chiesto su una parte della legislazione che è già in vigore, e che non ci è stata notificata, ma sulla quale ci siamo attivati e che abbiamo esaminato. E anche veglieremo anche su questa parte della legislazione affinché sia in linea con il diritto comunitario. Abbiamo già chiarmente fatto capire al govermo italiano - ha concluso Cercone - che ci sono delle modifiche da approtare affinché queste legislazione sia effettivamente in linea con il diritto comunitario".
Secondo fonti della Commissione, i contatti in corso fra Bruxelles e le autorità italiane fanno prevedere che il governo modificherà presto il decreto nel senso richiesto da Barrot. Non è chiaro se l'aggravante di reato, a questo punto, sarebbe eliminata del tutto o se, come appare più probabile, verrebbero "graziati" solo i cittadini comunitari (secondo la specifica richiesta di Bruxelles). In questo caso, la discriminazione di sposterebbe su un altro piano, non più di stretta competenza della Corte di giustizia Ue e della Commissione europea.
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